Diabete Mellito: cura e intervento psicologico

Quando un paziente riceve una diagnosi di Diabete Mellito, riceve anche una serie di prescrizioni a cui non è semplice aderire da un momento all’altro. Tale malattia, inoltre, può presentarsi senza sintomi evidenti, quindi arriva come un fulmine a ciel sereno, facendo sorgere nel paziente ansie  e paure per il proprio presente e futuro. Ecco perché è importante l’intervento dello psicologo, il quale assume un ruolo fondamentale nella fase di psicoeducazione e di cambiamento delle abitudini necessarie. Ma partiamo con ordine.

Che cos’è il Diabete Mellito?

Il Diabete è una malattia cronica caratterizzata da un’eccessiva quantità di zucchero nel sangue. Questa condizione è causata da un difetto di funzionalità o di produzione di insulina da parte del pancreas; l’insulina è un ormone che ha il compito di regolare il livello di glucosio nell’organismo.

Il diabete di distingue in:

  • Diabete di tipo 1: si sviluppa durante l’infanzia o l’adolescenza, è una malattia autoimmune di cui le cause sono sconosciute ma i fattori genetici ed ambientali sembrano avere un ruolo importante. Tra i sintomi ci sono la poliuria (aumento del volume delle urine), la polidipsia (aumento della sete), la polifagia (aumento della fame) con perdita di peso e stanchezza.
  • Diabete di tipo 2: è la forma più comune, rappresenta circa il 90% dei casi di diabete. In questa tipologia la malattia si manifesta dopo i 30 – 40 anni, anche se esistono forme rare dette MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young), in cui il diabete di tipo 2 ha un esordio giovanile; in questi ultimi sono stati identificati rari difetti genetici. Alla base dello sviluppo del diabete di tipo 2 ci sono diversi fattori, tra cui il sovrappeso/obesità, la dieta non equilibrata, la sedentarietà e i fattori genetici. La sintomatologia è meno evidente rispetto al diabete di tipo 1, sorgendo spesso in modo asintomatico
  • Diabete gestazionale: sono tutti quei casi in cui si misura un elevato livello di glucosio circolante per la prima volta in gravidanza. Questa condizione si verifica nel 4% circa delle gravidanze.

Tra le patologie croniche, il diabete è quella che si sta diffondendo maggiormente. Secondo i dati ISTAT:

  • il 4,8% degli italiani soffre di diabete (2,9 milione di persone);
  • il 60-70% di persone obese rischiano di sviluppare diabete;
  • l’80% dei diabetici hanno problemi di sovrappeso.

La diagnosi di diabete

Quando una persona riceve una diagnosi di diabete si ritrova a dover riformulare la propria vita sulla base di tale patologia, trovando non poche difficoltà. Se si tratta di diabete di tipo 1 viene prescritta la terapia insulinica, mentre per il diabete di tipo 2 spesso ma non sempre, è necessario assumere  farmaci orali per ridurre i livelli di glicemia e se questo non basta viene data l’insulina; in entrambi i casi viene richiesta una sana alimentazione ed esercizio fisico, due aspetti fondamentali per l’intervento. Ma spesso il paziente trova non poche difficoltà nell’adesione alla terapia.

La letteratura scientifica mostra come il problema della bassa aderenza terapeutica non è determinata dalla bassa efficacia farmacologica o dalla mancanza di tecnologie quanto piuttosto dalla difficoltà di modificare lo stile di vita e di gestire lo stress specifico conseguente la situazione diabetica. In altri termini, l’efficacia nel gestire il diabete dipende soprattutto dalla capacità psicologica di instaurare abitudini durature adeguate alla condizione diabetica.

Lo Stress specifico causato dal diabete è determinato dalle molteplici conseguenze che tale diagnosi comporta sull’intere  abitudini della persona, per esempio:

  • il controllo ripetuto e continuo dei livelli glicemici nel sangue;
  •  l’attenzione necessaria alla valutazione dell’impatto glicemico di qualsiasi cosa si mangi;
  • l’ansia frequente prima di addormentarsi con la paura di subire una mortale crisi diabetica durante il sonno;
  • momenti di depressione causati dal dover convivere con un disturbo cronico;
  •  la continua fatica di prendersi cura di se stessi che causa stanchezza fisica e psicologica.

Inoltre, chi soffre di una patologia metabolica ha maggiori probabilità di sviluppare la Sindrome Metabolica, sindrome caratterizzata da:

  • Elevata quantità di tessuto adiposo addominale;
  • Ridotto colesterolo HDL;
  • Elevati livelli di glicemia;
  • Elevati livelli di trigliceridi;
  • Elevati valori di pressione arteriosa.

La presenza di tre o più dei seguenti fattori di rischio rappresenta un segno che l’organismo è resistente all’azione dell’insulina.

Anche la cura di tale sindrome consiste nel Cambio dello Stile di Vita, più nello specifico, consiste nell’aumento  dell’attività fisica di tipo aerobico, nella riduzione del peso corporeo del 5/10% in sei mesi rispetto al peso iniziale, oltre ad una terapia farmacologica per intervenire sui valori di pressione arteriosa e glicemia.

Il Cambiamento dello Stile di Vita. Arriva la sentenza << Mangia di meno, muoviti di più>>

Ogni qual volta una persona riceve la diagnosi di diabete o di qualsiasi altra patologia metabolica, la persona in questione sentirà pronunciare le seguenti parole:

<< Signore/Signora, lei deve cambiare necessariamente il suo stile di vita, deve avere un’alimentazione sana, deve perdere peso e deve fare attività fisica>>

Una volta fuori dallo studio medico, il paziente si ripeterà più e più volte le seguenti parole:

<<Devo mangiare di meno e devo muovermi di più>>

Con molta probabilità, non riceverà questa prescrizione una sola volta da una sola persona, ma se lo sentirà ripetere diverse volte, dal medico, dal farmacista, dal vicino di casa, dal compagno o compagna, dal migliore amico, figlio o fratello. E come se non bastasse, poi arriva il discorso che inizia così:

 <<Basta un po’ di buona volontà…>>

Tutto ciò non aiuta il paziente che ha necessità di attuare un cambiamento importante nel suo stile di vita e se bastasse solo la buona volontà forse non esisterebbero molti problemi, ma solo questa non basta.  Ed ecco che entra in gioco lo Psicologo esperto nel Comportamento Alimentare.

Intervento psicologico nel diabete

In genere, il paziente diabetico arriva nel mio studio dopo diversi tentativi falliti di aderire  alle prescrizioni ricevute, mentre è possibile iniziare un percorso fin da subito. In ogni caso, il paziente vive una doppia situazione di disagio emotivo, dovuta dalla malattia e dovuta dalla difficoltà nel cambiare il suo stile di vita. La persona vive, quindi, una condizione di dissonanza cognitiva, cioè una situazione di disagio causata da una parte dal pensiero di dover mangiare di meno e muoversi di più (pensiero) e dall’altra dall’incapacità di mettere in pratica questi pensiero a livello di azioni (comportamento).

Da qui parte l’intervento psicologico, costituito da diverse fasi :

  • La prima fase dell’intervento psicologico con il paziente diabetico consiste nella Psicoeducazione, che è molto di più di un semplice momento informativo, perché si lavora sullo sviluppo della consapevolezza della malattia, sull’individuazione delle competenze che la persona ha già in possesso per poter mettere in atto la fase di cambiamento delle abitudini, per poi individuare ulteriori competenze necessarie per migliorare il rapporto con sé stesso, il cibo e la malattia. Inoltre si crea un’alleanza in cui si definiscono in modo chiaro i passaggi da compiere, sempre un passo per volta. Spesso in questa fase vengono coinvolti anche i familiari conviventi, che hanno un ruolo importante nella vita del paziente e quindi anche nella fase di cambiamento.
  • Un’altra fase importante è il momento in cui si individuano i pensieri e i comportamenti sabotanti, ossia quelli che fino a quel momento non hanno permesso il cambiamento dello stile di vita.  Per esempio interpretare la dieta come una rinuncia, categorizzare gli alimenti come cibi buoni o cibi cattivi, considerarsi come persone “senza speranza” “incapaci di cambiare” sono pensieri che ostacolano il raggiungimento degli obiettivi, che ovviamente si traducono in comportamenti disfunzionali. Per esempio: ho voglia di una merendina e non dovrei mangiarla perché mi fa male; cedo alla tentazione e la mangio; si attiva il pensiero dicotomico “tutto o nulla” per il quale ho mangiato una merendina, giudico tale comportamento sbagliato, tanto vale mangiare tutto il pacco.  Questa serie di pensieri e comportamenti devono essere individuati e sostituiti con pensieri e comportamenti funzionali.
  • Un altro momento fondamentale è il lavoro sull’ autostima. La persona che riceve la diagnosi di diabete viene sottoposta ad una serie di stimoli negativi per la propria autostima determinati dal fatto che un’ altra persona le dice cosa fare e non fare, cosa mangiare o non mangiare e ciò può essere interpretato come frustrante; ed ogni tentativo di cambiamento andato male viene vissuto come un fallimento personale, andando ad intaccare l’autostima, che spesso è già lesa. Per poter migliorare l’autostima si lavora su diversi aspetti, tra cui l’assertività, ossia la capacità di esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni, scegliendo come comportarsi in un determinato momento, difendendo i propri diritti e le proprie opinioni ma rispettando sempre l’altro. L’assertività ha un ruolo importante anche nella gestione della fame emotiva.
  • Ed è proprio la fame emotiva l’altro aspetto su cui lavorare. Spesso i pazienti diabetici ne soffrono e, oltre ad avere difficoltà nella gestione delle proprie emozioni e nella capacità di distinguere fame emotiva da fame fisiologica, spesso la fame emotiva è associata anche alle seguenti difficoltà:
  • Non sanno dire di NO;
  • Non riescono ad esprimere i propri bisogni;
  • Hanno difficoltà a ritagliarsi tempo per sé stessi;
  • Non riescono a chiedere aiuto;
  • Si fanno carico di problematiche delle quali non vorrebbero farsi carico;
  • Non sanno rispondere assertivamente ad un’invasione di spazio.

Tutto  ciò crea una tensione emotiva che viene gestita, tipicamente per la fame emotiva, attraverso il cibo. Per poter far fronte a questi aspetti elencati è necessario anche il lavoro sull’assertività.

Ed ecco perché è importante imparare a gestire la fame emotiva, diventarne consapevoli e sviluppare dei comportamenti alternativi funzionali, che aumentino il senso di autoefficacia.

Per informazioni sulle consulenze e i percorsi psicologici non esitare a contattarmi.

Antonella Avena- Psicologa