Consapevolezza alimentare: cos’è e come raggiungerla

Hai mai sentito parlare di Consapevolezza Alimentare? Ti è stato mai suggerito di raggiungere una maggiore consapevolezza di te e del tuo comportamento alimentare, ma non hai mai capito bene di che cosa si trattasse?

Con questo articolo voglio aiutarti a capire di cosa si tratta.

Un passo per volta. Partiamo con il capire che cosa si intende per Consapevolezza.

Una cosa che ripeto spesso in studio è, che prima di poter agire sulla problematica che si sente il bisogno di risolvere, bisogna aumentare la propria consapevolezza, ossia la capacità di essere a conoscenza di ciò che viene percepito e delle proprie risposte comportamentali.

La consapevolezza è il primo passo per ottenere qualsiasi tipo di cambiamento, ancor più per raggiungere il cambiamento del comportamento alimentare.

Cos’è la Consapevolezza Alimentare?

Con Consapevolezza Alimentare si intende la capacità di essere consapevoli, non solo di ciò che si sta mangiando in termini di qualità e quantità, ma anche:

  • dei sensi coinvolti nell’atto di mangiare qualcosa;
  •  del motivo per il quale si mangia o non si mangia;
  •  della ragione per cui si sceglie un alimento piuttosto che un altro;
  •  delle emozioni, dei pensieri e dei ricordi che possono celarsi dietro una scelta alimentare;
  •  delle situazioni/emozioni/persone che possono svolgere un ruolo cruciale nella ricerca di cibo;
  •  del ruolo delle abitudini nel comportamento alimentare.

Una domanda sorge spontanea: Perché spesso non si ha consapevolezza alimentare?

Perché mentre l’azione è rivolta all’atto del mangiare la mente è altrove (per esempio: mentre mangio penso a ciò che devo fare a lavoro);  oppure la mente utilizza metodi creativi per distogliere l’attenzione dalla reale motivazione che sta dietro la decisione di mangiare creando, per esempio, giustificazioni.

Esempio del caso in cui una persona voglia perdere peso ma decide di mangiare un pezzo di torta: «Posso mangiare la torta perché sono molto stressata, oggi è andato tutto male e non riesco a resistergli, poi non mi sta guardando nessuno».

Mangiare, in questo caso, sembra l’unica scelta possibile, l’unica alternativa allo stress, un atto quasi automatico che non prevede alternative.

È importante imparare che questa costruzione di pensieri è solo un tentativo di giustificare il proprio comportamento diventato ormai automatico, quindi un’abitudine. Mettere in discussione le giustificazioni che si nascondono dietro un comportamento, allo scopo di identificare i reali motivi, permette di individuare comportamenti alternativi.

Perché è importante raggiungere questa consapevolezza?

Semplicemente perché, come abbiamo visto nell’esempio, non sempre le scelte alimentari sono consapevoli, soprattutto in chi ha un rapporto problematico con il cibo e in chi si trova in una condizione di obesità. Sono molti gli aspetti inconsapevoli che riguardano il nostro comportamento alimentare e che influiscono sulle scelte alimentari quotidiane. Più aumenta la consapevolezza di questi aspetti e maggiore è la possibilità di fare delle scelte, alimentari e non, più adeguate ai nostri bisogni.

Nella sfera dell’alimentazione, spesso, non siamo consapevoli di molte cose:

  • non siamo consapevoli della maggior parte del cibo che mangiamo;
  • non siamo consapevoli dei motivi per i quali mangiamo;
  • tendiamo a sottostimare le volte in cui ci rivolgiamo al cibo;
  • non siamo coscienti dei reali segnali di fame/sazietà;
  • non siamo consapevoli delle emozioni che si nascondono dietro le scelte di quando – quanto – cosa si mangia;
  • non siamo consapevoli di come la fame emotiva sia spesso la ‘’regina’’ tra i tipi di fame;
  • non siamo consapevoli dell’influenza dei fattori ambientali e dei media;
  • non siamo consapevoli del ruolo dei genitori, degli educatori e dei coetanei, nella definizione delle abitudini alimentari.

La routine, il lavoro, la vita a scuole,  gli impegni extrascolastici, i rapporti familiari, i rapporti sociali e le abitudini apprese sono tra i fattori che spesso incidono sulla più o meno consapevolezza alimentare.

Quante volte ti capita di mangiare nonostante ti senti fisicamente pieno? Quante volte mangi per placare delle emozioni spiacevoli o lo stress?

Questi sono comportamenti che contribuiscono ad assumere cibo senza un reale bisogno nutritivo e ciò, di per sé, non è una colpa, non è un problema, perché capita a TUTTI (normopeso inclusi!) semplicemente perché siamo esseri umani e il cibo per noi non è solo fonte di nutrienti ma è molto di più. Tali comportamenti possono essere disfunzionali  quando non sono un’eccezione ma la regola, portando a scelte alimentari che sono perlopiù inconsapevoli, che il più delle volte conducono a sensi di colpa e all’attivazione di un circolo vizioso fatto di abbuffate- sensi di colpa- restrizioni- abbuffate.

Il danno della maggior parte delle scelte alimentari inconsapevoli è rappresentato dal fatto che sono palliativi, ossia scelte che danno una soddisfazione momentanea ma che non intervengono nella soddisfazione del reale bisogno. È come quando un neonato piange perché ha sonno ma la mamma gli dà del latte; questo comportamento può calmarlo ma il reale bisogno del neonato è dormire, infatti probabilmente finirà per addormentarsi ciucciando.

Inoltre, il giudizio che si dà al proprio rapporto con il cibo è tra le altre componenti che portano a peggiorare il rapporto con esso.

Ecco perché è fondamentale, soprattutto per chi ha un rapporto complicato con il cibo, imparare a mettere a bada il giudizio e le valutazioni, per esempio, riguardo all’incapacità di portare avanti una dieta. Se molte diete falliscono, se molte persone non riescono ad aderire alle diete prescrittive  o finiscono nella sindrome dello yo-yo ci sarà un perché, e la risposta NON è perché sei un fallito.

Molti studi dimostrano che, a seguito di una dieta, solo il 12% dei pazienti obesi perde più di 10 kg e solo il 2% di essi riesce a mantenere questa perdita di peso. Questo perché non basta cambiare regime alimentare per avere dei risultati a lungo termine, ma è fondamentale cambiare il Mind Setting, ossia l’atteggiamento mentale nei confronti del cibo.

Dunque, le colpevolizzazioni per non essere stati in grado di portare avanti una dieta, condurranno solo ad abbassare i livelli di autostima e la conseguenza è: il peggioramento del rapporto con il cibo, che a sua volta peggiora le percezione di sé.

Consapevolezza alimentare significa essere attenti al rapporto con il cibo, per capire cosa in quel momento avvicina ad esso o allontana da esso, cercando di sedare il giudizio.

Questa attenzione porta ad essere presenti ogni volta che ci si relaziona con il cibo, senza distrazioni, riconoscendo i comportamenti automatici, al fine di cambiare le abitudini sbagliate e sostituirle con abitudini equilibrate. Ma è ovvio che non possiamo essere “presenti” in ogni istante della nostra vita e ad ogni secondo dei nostri passi, non è il nostro obiettivo; altrimenti che fatica! Dobbiamo solo imparare a partire con il piede giusto, allenarci alla consapevolezza, in modo tale che non diventi più un’eccezione ma la regola.

Ricorda inoltre che la Consapevolezza Alimentare non vuol dire essere a dieta, quanto piuttosto instaurare un rapporto equilibrato a lungo termine tra «mente e corpo»  «mente e cibo» e «corpo e cibo». Questo è uno degli obiettivi principali quando si fa un intervento psicologico in ambito del comportamento alimentare.

Facciamo un esempio per rendere tutto un po’ più chiaro.

Immaginiamo una persona che solitamente di ritorno a casa, dopo il lavoro,  entra in cucina, apre la dispensa, prende la confezione di biscotti e inizia a mangiarli (magari rimanendo in piedi e mangiando direttamente dalla confezione); probabilmente smetterà di mangiare quando i biscotti saranno terminati o se verrà distratta da altro.

Questo è un comportamento inconsapevole e del tutto automatico. Come si fa a trasformare questo comportamento inconsapevole in comportamento consapevole? Non per magia o con pasticche magiche!

Come raggiungere la consapevolezza alimentare

Step 1: Impara a portare l’attenzione sulle tue abitudini alimentari quotidiane

Inizia con il portare più attenzione ai tuoi gesti; se apri la dispensa inizia a chiederti perché lo stai facendo: per fame? Per abitudine? Per noia? Perché hai un certo languorino? Perché sei triste?

Per ogni domanda le risposte possono essere diverse. Innanzitutto, se non sai distinguere la fame fisiologica dalla fame emotiva ricorda che la fame vera cresce gradualmente e viene soddisfatta da qualsiasi alimento.

Se è un’abitudine, interrompi il circolo vizioso di questo automatismo e non andare avanti nel comportamento, fai altro.

Sei annoiato? Fai qualsiasi altra cosa che ti distolga dalla noia. SUGGERIMENTO: è utile fare una lista delle attività che trovi piacevole fare e che ti aiutano a superare la noia, come i momenti di tristezza (puoi scriverla anche sul tuo smartphone). Puoi usare questa lista ogni qual volta ti butti sul cibo non per fame, in modo che se non ti verrà in mente cosa fare nel momento clou, non avrai scuse perché puoi ricordarlo leggendo la tua lista. NB: se per esempio non ti piace leggere è inutile scrivere nella tua lista “leggere un libro”, non è una colpa non avere un interesse per la lettura e ricorda che la lista è TUA.

Se hai un certo languorino puoi concederti il tuo sfizio, ma prendi tu il controllo della situazione, non farti controllare dal cibo. Come? Scegli tu la porzione, disponila in un piatto in modo che sia ben visibile ai tuoi occhi, appagando la fame degli occhi. Eh si, perché è vero che si mangia anche con gli occhi! Poi cerca di mangiare lentamente, dandoti la possibilità di soddisfare la tua voglia, perché mangiare è anche un piacere.

Altre domande che voglio suggerirvi per iniziare a portare maggiore attenzione sul vostro comportamento alimentare sono:

 Ti capita di saltare i pasti? Come questo influisce sulla tua fame? Mangi in piedi o seduto? Velocemente o lentamente? Ti vieti alcune categorie di alimenti? Hai dei cibi che classifichi come “sgarro”? Etichetti il cibo come buono o cattivo, oppure come dietetico o grasso? Quando sei in compagnia mangi di più o di meno? Hai mai notato se ci sono delle situazioni in cui mangi di più? Oppure hai mai notato se il tuo appetito viene influenzato da particolari persone con cui mangi?

Potrei continuare ancora con le domande … ma queste servono solo per farvi capire come possono essere diversi i fattori che influiscono in modo inconsapevole sul comportamento alimentare e, con le domande giuste, potete imparare a divenire più consapevoli.

Step 2: Impara a portare l’attenzione sulle reali motivazioni che guidano la tua scelta alimentare

È l’esatta conseguenza del primo step; una volta che impari a portare l’attenzione sulla tue abitudini alimentari quotidiane, ti renderai conto come non sempre mangi per un reale bisogno fisiologico ed è questo il punto di svolta: imparare a riconoscere le vere motivazioni!

Non hai bisogno di giustificazioni per mangiare una torta o la pizza; ma più aumenterai le giustificazioni e i divieti e minore sarà la tua capacità di sviluppare un rapporto equilibrato con il cibo. Imparare a riconoscere le “reali motivazioni” ti porterà ad individuare i tuoi reali bisogni e soprattutto imparerai ad avere un dialogo sincero con te stesso!

Ti è mai capitato di mangiare dell’insalata non perché ne avevi voglia ma solo per “punirti” della pizza (sgarro) mangiata il giorno prima? Questo atteggiamento nei confronti del cibo e di te stessa dove ti ha portata fino ad oggi?

Se non riesci da sola/solo a cambiare il tuo atteggiamento nei confronti del cibo ti ricordo che il mio lavoro è quello di accompagnarti per la strada del cambiamento. Lo scopo di un percorso di psicologia alimentare è quello di imparare a leggere con maggiore chiarezza i messaggi del tuo corpo, imparare a riconoscere i tuoi reali bisogni e di cambiare il tuo atteggiamento nei confronti del cibo, un atteggiamento in cui non sono contemplate parole come “sgarro” “cibo dietetico” “cibo cattivo” ma esisti tu, i tuoi bisogni, le tue esigenze ed il cibo.

Antonella Avena-Psicologa